Diario clinico (seduta n° 2)

Il comportamento del paziente noto come J ha subito delle variazioni dopo una visita, la prima da quando è qui ricoverato, da parte di una ragazza. Dico ragazza perché a vederli, l’uno di fronte all’altra sembrava separarli una generazione. L’aspetto trasandato, di chi non dimentica tanto sé stesso quanto chi si ha attorno, faceva da contraltare ad una giovane donna vitale anche nel vestiario oltre che nel portamento e nella mimica facciale. Di quelle persone di cui non puoi che pensare bene, di cui invidi la forza morale che traspira dalla cute e l’espressione volitiva che rende vano il tuo bagaglio di illusioni.

Hanno trascorso circa due ore nel giardino che circonda la villa. Seduti ad una distanza ambigua, che suggerisce qualcosa che è stato e vorrebbe esserci ma di cui si tenta in ogni modo di cancellare le tracce. J non ha quasi parlato, si è limitato ad ascoltare e a fare cenni del capo di assenso o diniego. Solo negli ultimi minuti l’ho visto prendere parola, credo per descrivere la clinica e i personaggi che la vivono, pazienti e personale. Sono rimasto colpito quando mi ha indicato con lo sguardo ed un cenno del capo, e curioso, di come possa avermi descritto. Altro motivo di inquietudine è stata la faccia spaventata della sua interlocutrice, ancor più che preoccupazione tradiva paura. Alla fine il saluto è risultato goffamente freddo, e la separazione ha lasciato un alone deluso sulla panchina.

Accennavo a delle variazioni. Nel mese successivo J ha fatto di tutto per evitare il contatto visivo con l’interezza dei frequentatori della clinica. E’ uscito dalla sua stanza solo per i pasti, limitandosi al pranzo, e per recarsi nelle docce. Per questo motivo è stato numerose volte richiamato dal suo medico curante con cui ha avuto un alterco alla fine della seconda settimana. A dire il vero è stato il dottore l’unico ad urlare, qualcosa relativamente allo stato di salute, le divinità cattoliche e il divieto di fumare negli alloggi. Non particolarmente professionale, ma questa è una notazione personale.

La sua auto reclusione ha fatto scomparire l’abitudine di condividere la pausa che prendo a metà mattina. Erano pochi i minuti che trascorrevamo in compagnia e le note di dialogo risultavano per lo più basse, senza intonazioni particolari o acuti che rendessero queste conversazioni memorabili. Fatto sta che ero il solo con cui spartisse parole e questa loro assenza mi lascia in difetto.

La mattina del martedì che mi si è avvicinato chiedendomi da accendere non ho potuto fare a meno di sorridere. L’ho messo in evidente imbarazzo.

Seduta numero tre

Seduta numero uno

20 risposte a “Diario clinico (seduta n° 2)

  1. commentare questo pezzo ed il primo mi è difficile (sono abbastanza sbigottito a dire il vero e questo mi piace). mi è chiaro il fatto che lo ritenga parecchio interessante, attendo volentieri ulteriori sviluppi.

  2. Non vedo miglioramenti …o forse la chiusura vuole gettare un ponte di speranza sul prossimo futuro?? mah!!…per me va bene anche se scrivi quando ti pare …tanto dagli amici passo sempre…sani di mente o meno …a trovarli.(non e’che si e’buttato nel fumo perche’ una scema non lo capisce vero ??…lo faccio piu’ furdo.. :-D)))

  3. hai talento. ascolta la nonna: non finire mai a fare lo sceneggiatore di serie americane. metton troppa carne al fuoco, allungano il brodo ed il finale diventa una presa per il cvlo. mangia la banana! e non prendere freddo!
    nonna pank.

    • Non ho velleità artistiche particolari, nè punto ad un romanzo a puntate, è un mero divertimento. Ma accetto i tuoi consigli di buon grado.
      E comunque che avevo talento ancora non me l’aveva detto nessuno… sono primevolte emozionanti.

      • èssine consapevole. sìine consapevole. oh ma come si dice.. insomma: sàppilo. e sàppi anche che mi sto leggendo tutti i post, a ritroso.

        oddio.. detta così sembro una stalker..

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